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giovedì 15 dicembre 2011
sabato 12 novembre 2011
God save the queen
C'è l'anziana signora che mi racconta senza vergogna dove destina la sua misera pensione. La dà ad uno dei suoi figli, che non riesce ad arrivare a fine mese, fra spese e prole da sfamare. Lei si accontenta di poco: vive con l'altro figlio, che "un piatto caldo" non glielo fa mai mancare. Ora, però deve effettuare delle spese urgenti, ma tiene duro, fino a fine mese, che arriva la pensione e può impiegarne 100 euro per far fronte alle necessità, mentre il resto lo darà al figlio. Soffre di cefalee ricorrenti, ma preferisce non comprare l'antidolorifico con la ricetta bianca che le abbiamo prescritto, perchè dovrebbe pagarlo a prezzo pieno ed anche 4 euro, ora, per la salute, non sono previste. No, ma va bene così, "non ci lamentiamo, perchè un piatto caldo non manca mai".
C'è il ciclista dell'una di notte, che arriva avvolto nel buio nel parcheggio desolato e pieno di sporcizia del Mc Donald. In sella alla sua bici, rovista uno ad uno i cestini della spazzatura, alla ricerca di qualche avanzo di cibo, avendo cura, lui, di rimettere a posto l'immondizia, proprio come non fanno, invece, tutti gli affamati avventori che scaricano tonnellate di cartacce e di avanzi, comodamente per terra, fuori dal finestrino della loro auto coi cerchi in lega. Cerca resti da mangiare, ma non sembra trovarne. Da un'auto di tamarri di periferia, esce un giovane tamarro di periferia che lo raggiunge, porgendogli un panino nuovo di pacca, non ancora morso, il suo "spuntino di mezzanotte". L'attempato ciclista non la smette di ringraziare e di scusarsi per il disturbo e la sua voce è un misto di meraviglia ed umiltà, di sollievo e gratitudine. Il tamarro di periferia ha la voce cordiale ed alle scuse del ciclista risponde con un semplice e spiazzante "Non ti preoccupare, è normale".
E' normale.
Quando uno dice la crisi.
Non ti preoccupare.
venerdì 5 agosto 2011
Lucky girl
Beata te
che la tua più grande pretesa era quella di essere portata al mare.
Beata te
che versavi lacrime solo quando non ti sentivi compresa.
Beata te
che ribadivi i concetti solo per convalidare il tuo punto di vista.
Beate te
che un pranzo in famiglia era lo status di qualcosa che non avrai mai.
Beata te
che il tuo problema era mascherare i tuoi capricci in impellenti necessità.
Beata te
che timbravi momenti con titoli di auliche canzoni ormai dimenticate.
Beata te
che lavavi il cervello versando idee condite da vizi ed egoismo.
Beata te
che prima i tuoi problemi e poi invisibili quelli degli altri.
Mai l'avrei detto,
ma ti invidio e ti dico beata.
Beata, ora che per me sei piccola come la più piccola delle zanzare.
Che punge inutilmente nelle notti estive.
In questa estate infuocata,
dove posso pure dimenticarmi di te,
poichè ho l'obbligo di ricordarmi di tutto il resto.
martedì 30 novembre 2010
Rules for dudes
Rinchiudimi in una regola.
Una regola che regoli la felicità.
Che regoli la tristezza.
Che regoli le persone che ti fanno felice, che ti fanno triste.
Rinchiudimi in una regola.
Una regola val bene la tranquillità.
E chi è tranquillo è sereno.
E, si sa, la serenità regola la vita.
Rinchiudimi in una regola.
Qui è bene e qui è male.
Scelgo dove sto che poi così ci si regola.
Rinchiudimi in una regola.
I miei gusti, i miei principi, il mio carattere. Ciò che mi regola.
Ti prego, rinchiudimi in una regola.
Fammi sentire che a me ci tieni, che non mi vuoi mai lasciare andar via.
Che di me hai bisogno.
Hai bisogno di una regola.
Rinchiudimi in una regola.
Affinchè finiscano i giochi ed io non possa più respirare.
Perché non ci sia più nulla da scoprire.
Rinchiudimi in una regola.
Che poi ci siam già detti tutto.
E se tiri troppo la corda si spezza
e poi, io che son buona e cara, ti faccio vedere che cosa succede.
Rinchiudimi in una regola.
La regola della buonanotte.
Del ti penso a tutte le ore.
Del sogno che si avvera.
Rinchiudimi lì, in quel clichè.
Del ti amo, ma pretendo.
Dell’affetto, ma sta’ attento.
Richiudi ancora un po’.
Rinchiudi la sorpresa nell’aspettativa.
Rinchiudi l’aspettativa nell’attesa.
L’attesa della resa dei conti.
Logora.
Da dentro, l’amore.
Da fuori, la paura di sé.
Brucia.
Da dentro, l’ingenua passione.
Da fuori, il bisogno di farsi sentire. Da sé.
E non son gli opposti. E non son niente.
Il giudizio, né a me né agli altri.
Fai, senza troppe parole.
Come da piccolo.
Senza che nessuno ti veda.
domenica 17 ottobre 2010
Se il principe azzurro non esiste è solo colpa della strega cattiva.
E la principessa ha sempre una doppia personalità.
venerdì 8 ottobre 2010
L’unica ossessione che vogliono tutti: l‘“amore”. Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due.
Philip Roth, L’animale morente
sabato 28 agosto 2010
Embè
Se ne frega di fiabe, anime che si incontrano, amano, vivono, sognano, godono. Se ne frega dell’amore, della lacrima, del simbolo, del colore, della passione, della ricevuta, della vendita, della resa, del diritto al risarcimento, dell’aspettativa, del ruolo, del dovuto, del vuoto, del pieno, della data, dell’augurio, della circostanza, dell’amore a comando, dell’amore, scaduto, della data di scadenza, del consumarsi preferibilmente entro il mai. Se ne frega dell’infinito, del mai, del sempre, per sempre, del primo, dell’ultimo, dell’unico, del solo e del vero. Se ne frega della promessa, dell’intenzione, della manovra, della ragione, della convinzione, dell’illusione, dell’ignoranza, dell’autocelebrazione, della circuizione, del sentimento circuito, dell’educazione, del sentimento educato, coatto, elevato, costruito, sopravvalutato, screditato, autoscreditato, finto, rigirato, vittimizzato, armato. Se ne frega del ricatto, della morale, del ricatto morale, della morale ricattata, della supplica, dell’autentico, del falso tinto a vero. Se ne frega del contorno, del limite, dell’eccesso, del bianco e del nero, delle vedute, del naso e del non saper guardare oltre. Se ne frega della pretesa, dell’autoritratto, del ritratto, del capire, del non capire, del motivo delle cose, delle azioni,delle persone, della giustizia, del giudizio, della categorizzazione, dell’uomo, dell’essere diverso, dell’appoggio, dell’incomprensione. Se ne frega del dispetto, del ricordo, del dito, che lega il cervello schiavo. Se ne frega dell’aspettativa, della vincita, di qualcuno che vince, della delusione vinta, della vittoria che delude. Se ne frega della regola, della protezione, della lotta, del sé, dell’io, della pace che il pensiero non troverà, del mai. Se ne frega dei monologhi, delle orecchie, dell’ascolto, di parole banali, di ripetizioni, di parole sorde, di ascolti inuditi. Se ne frega delle idee, dell’uguale, della crescita, della palude, dello stagno, della statica, dell’evolversi. Se ne frega di orgoglio, di miti, di aspirazioni, di piante arrampicanti, di binari, di direzioni. Se ne frega di legittimazioni, di conti, di rese dei conti, di altri, di sé stessi. Se ne frega del secondo, del primo, del minuto, del tempo, del panta rei, del trattenere, del custodire, del nascondere, del segreto, della condivisione. Se ne frega del rosa, dell’azzurro, del profumo e della puzza. Se ne frega della primavera, dell’estate, dell’autunno. Se ne frega del non detto, del grande significato, del significato, del senso, del sole, della pioggia, dell’abbraccio, del bacio, del legame, della solitudine, della convivenza, della temperanza, della tolleranza, della saggezza, del silenzio. Se ne frega della visione, della canzone, dell’acqua, della pelle, dei peli, delle stelle, delle nuvole, delle forchette, della tovaglia, dei cognomi, dei diminutivi, dei vezzeggiativi. Delle canzoni, dei versi, dei gesti, del pesto. Se ne frega del film, della poesia, del cavallo, della treccia, del balcone, del veleno, del cattivo, del buono, del bene, del male, dell’odio, dell’amore, della morte. Se ne frega delle foto, dei particolari, della grana, del ritocco, della perfezione, dell’idiozia, della vita.
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