All’incirca un mese fa, anzi, per essere precisi, il 23 settembre, mi sono recata al centro Wind.
Io ho avuto per anni una relazione complicatissima con un’altra compagnia di telefonia mobile, che mi corteggiava, mi illudeva, mi faceva i regalini, le sorpresine, si ricordava di tutte le ricorrenze, veniva in vacanza con me all’estero (romanticissima Parigi al telefono), per poi alla fine chiedermi il conto di tutto. Carissimo.
Così, piano piano, ho aperto gli occhi e con atroce sofferenza mi sono fatta forza, ho preso tutto il coraggio che avevo e son passata alla concorrenza, senza dirglielo.
Quindi il 23 di settembre, sabato piovoso (mi sono rotta il mignolo destro contro la portiera della punto, ndr), ad orario di chiusura, con la paura e l’attrazione per il nuovo, il proibito, ho aperto la porta “Dlin-dlon” del centro Wind ed una squillantissima biondina mi ha accolto, come si accoglie un buono omaggio per una lampada in un centro abbronzante.
Gentilissima e spigliatissima approva il piano telefonico che ho sapientemente deciso insieme al mio economo di fiducia, Andre. Dammi la carta di identità, dammi il codice fiscale, fotocopie, zip e zap, la portabilità del numero, le promozioni che ci vuoi, firma qui qui e qui.
Tra una firma e l’altra, decisa preventivamente con la giuria a casa (Andre) la promozione che più conveniva, esclamo “E poi voglio noidueanlimited sul mio numero, per chiamare un altro numero wind che adesso compro per il mio ragazzo”.
Gelo.
“Sei sicura?!”, squittisce lei, allarmata, strabuzzando i suoi esoftalmici bulbi blu. Certo che sono sicura, che domande, spendo un misero euro a settimana e ci parlo gratis, col mio ragazzo wind.
Bisbiglia una maledizione “Sai, tutti quelli che fanno questa promozione poi si lasciano…”.
Bene, non mi pare nemmeno il caso di commentare una simile scemenza, frutto di ignorante superstizione e concludo il mio contratto d’acquisto salutando e facendo le corna.
Perché mai due che si amano e decidono di amarsi parlando al telefono gratuitamente dovrebbero lasciarsi? Forse proprio per il fatto che iniziano a parlare un sacco, cosa che prima non avrebbero fatto se le parole non fossero state gratuite? Forse che i fraintendimenti diventino gratuiti, pure quelli?
Non mi tocca affatto questa faccenda. A me non può capitare. Il mio futuro ragazzo wind ed io siamo due rane dalla bocca larga. Poverini gli altri.
Pochi giorni dopo, mentre sono in quel di Favignana, il cambio dell’operatore è definitivo: Totti ed io ci siamo lasciati, mi consolo fra le braccia di Panariello. Il mio ragazzo wind non lo chiamo ancora perché tanto stiamo facendo le vacanze insieme.
Torno dal limpido mare nella plumbea Rozzano e decido che è giunto il momento di fare chiacchiere col mio ragazzo wind.
Wind, il numero da lei chiamato non è attivo.
E io con chi parlo.
Con chi mi sfogherò, a chi racconterò le mie felicità, i miei disagi, con chi darò un nome alla mia vita? Non posso esser privata di parola, non posso rimanere ammutolita quando ho un fiume di parole pronto a sgorgare dalla mia bocca.
Non posso raccontare i miei disagi al disco registrato della Wind. Io ho bisogno del mio ragazzo wind con cui condividere le sfighe wind e le gioie life.
In non mi ricordo quale parte del mondo, spersa in qualche rima di terra esotica, c’è una popolazione che ha avuto un altissimo tasso di suicidi. Nel capire la motivazione di questa moria volontaria si è giunti ad una sensazionale scoperta: il loro linguaggio prevedeva la parola “dolore” per esprimere il concetto di “dolore fisico”, ma non esisteva nella loro lingua alcun tipo di vocabolo per esprimere il dolore psicologico, il dolore morale, il disagio interiore. Queste persone avevano bisogno di comunicare la loro sofferenza profonda, ma non avevano parole per poterlo far capire. Se anche l’avessero detto nessuno li avrebbe capiti.
Di fronte a cotanta frustrazione, l’epilogo fu la fine della vita.
Così inizio una serie di periodiche telefonate al centro Wind e un rapporto wind con la biondina con l’esoftalmo wind. Cerco ogni volta per tre settimane di spiegarle il problema e lei, ogni volta, frettolosa, mi squittisce che ha capito e che le devo dare:
- La prima volta: il numero di telefono, attivazione in 24 ore, ciao.
- La seconda volta: dammi il codice che c’è sulla scheda sim, attivazione in 24 ore, ciao ciao.
- La terza volta: ah, sei tu, devi darmi anche il codice fiscale, te l’avevo detto l’altra volta? Ciao.
- La quarta volta vengo io di persona da te e ti spiego bene quali sono gli errori di comunicazione fra te e me e tu mi attivi seduta stante la scheda sim sulla quale ho attiva una promozione di cui non posso usufruire. Ti spiego perché pago un euro a settimana per parlare con un ragazzo wind che non esiste.
- Sempre la quarta volta, di persona, stavolta in bicicletta, ti spiego anche perché, secondo la tua teoria, tutti quelli che fanno questa promozione si lasciano. Ti spiego che si lasciano non perché parlino troppo e vadano incontro a fraintendimenti gratuiti, ma proprio per il contrario: non si parlano più. La loro parola non esiste e così non riescono ad esprimere sé stessi, annientandosi in una finta relazione telefonica, coi discorsi di prevalente contenuto qualunquista e menefreghista.
- Commessa wind, io non voglio parlare dei massimi sistemi dell’universo, voglio solo comunicare. Anche solo per dire “Ciao, ti devo salutare che mi scappa la cacca.” Perché solo la comunicazione mi garantisce di non diventare stitica. Perché a furia di non evacuare, prima o poi si esplode. (Sono geriatra, non gastroenterologa)
Ringrazio tutte le morti mute, quelle morti per mancanza di parole. E ribadisco qui l’importanza di un’efficace (e non efficiente) conversazione.
Ribadisco che tutte le parole, purchè non offensive e cariche di frustrazioni, sono ammesse in ogni rapporto. Lo aiutano a crescere, lo approfondiscono, lo arricchiscono di forti emozioni, gli regalano la partecipazione.
Parlare è partecipare. Partecipare è un bellissimo regalo.
Ragazzo wind, fammi tanti regali dal sabato del Santuario di Caravaggio, perché non voglio vivere più venerdì come i poveri abitanti della Papua Nuova Guinea, o dove stavano loro.
Lascia che le tue parole e i tuoi sentimenti, di qualsiasi natura siano, viaggino nel wento, sino a me, che t’amo e lo so dire, se no esplodo.